Nonostante dl gioco dei latrunculi appaia anche nei testi di autori come Ovidio, Seneca e Varrone, le sue e regole non ci sono giunte. Esistono però varie ricostruzioni possibili, frutto di studi iconografici e della comparazione con giochi simili, come la petteia, un gioco da tavolo greco anch’esso affine ai moderni scacchi.
Il numero delle pedine è sconosciuto: alcuni suppongono che siano state 30, altri 16. Delle pedine è noto che avevano diversi compiti: c’erano le mandrae, i milites e i bellatores (di queste ultime due non si è certi se fossero le stesse chiamate con nomi diversi). Neanche la grandezza della tabula lusoria ci è nota: è stata ritrovata una scacchiera di 18 caselle in Danimarca, ma non essendo completa non è sicuro se fosse rettangolare o quadrata. Nella Basilica Iulia a Roma è stata invece ritrovata una tabula lusoria con 8 caselle per lato. Secondo l’interpretazione di altri, la tabula lusoria sarebbe stata di 12 caselle per 18.
Ovidio, oltre a descrivere il numero di pedine, scrive anche degli sforzi per salvare un pezzo isolato lontano dagli altri: “come il soldato di colore diverso marcia avanti in linea retta; quando un pezzo intrappolato tra due avversari è in pericolo, come uno che avanza può essere abile nell’attaccare e salvare un il pezzo si è mosso in avanti, e in ritirata può muoversi in sicurezza, non scoperto “(Tristia II 477-480). Secondo Ulrich Schädler, questo indica che i pezzi nel gioco si sono mossi solo di uno spazio per turno, invece di usare la mossa della Torre , altrimenti la fuga di un pezzo isolato sarebbe stata relativamente facile. Schädler deduce anche da ciò che i pezzi sono stati in grado di saltare altri pezzi in un quadrato vuoto al di là, altrimenti un pezzo in salvataggio potrebbe finire per bloccare l’altro pezzo che necessita di salvataggio.
Anche per questo gioco, come per gli scacchi, le regole sono semplici. Quel che è difficile, sfidante e intrigante, è applicarle, creando una strategia valida per condurre alla vittoria il proprio esercito.