Il senet è uno dei giochi più antichi di cui si abbia notizia. Si tratta di un gioco da tavolo. La sua storia ha inizio nell’Antico Egitto ed è testimoniata da numerosi reperti archeologici ritrovati nelle tombe risalenti al Medio e Nuovo Regno.
Il Senet, il gioco più popolare dell’Antico Egitto, era un passatempo che appassionava ogni classe sociale e tutto ciò è confermato anche dal ritrovamento di un papiro, oggi conservato nel museo egizio di Torino che riporta l’immagine del gioco. In modo improprio la somiglianza nella disposizione delle caselle è paragonato all’odierna dama infatti il senet è una scacchiera rettangolare divisa in trenta caselle quadrate disposte su tre file parallele. Numerosi esemplari di senet sono stati ritrovati nelle sepolture oltre ad una ricca produzione pittorica tombale che testimonia la popolarità di questo gioco utilizzato, senza subire grandi trasformazioni, durante l’epoca predinastica fino al periodo greco-romano.
Nel Nuovo Regno egizio cominciò ad assumere anche un carattere magico/religioso, la prova di questa cambiamento da gioco d’azzardo ad uso funerario si trova nella formula d’introduzione del capitolo 17 del Libro dei Morti dove viene descritto come il defunto doveva giocare una partita di senet contro un avversario invisibile. Se il defunto aveva compiuto in vita delle buone azioni poteva essere protetto da Osiride, Ra e Thoth e vincere la partita garantendosi un destino favorevole nell’oltretomba.
Il gioco degli scacchi è uno dei più antichi del mondo, per quanto non si sappia con precisione chi l’abbia inventato: si presume i cinesi, alcune migliaia di anni fa, o forse gli indiani. Lentamente, con il progredire delle relazioni commerciali, si diffuse in altre regioni e specialmente in Persia, dove divenne ben presto popolare e dove i pezzi acquistarono forme ben definite. Essi erano indicati come Re, Consigliere, Elefante, Cavaliere, Carro di guerra, Soldati.
Il gioco arrivò in seguito in Egitto, portato da un ambasciatore persiano che volle insegnarlo anche al Faraone. Questi, entusiasta del gioco, al termine della partita, per testimoniare la propria gratitudine, invitò l’ambasciatore ad esprimere un desiderio qualsiasi che sarebbe stato senz’altro esaudito. L’interpellato rispose che voleva del grano: un chicco sulla prima casella della scacchiera, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza e così continuando e raddoppiando, fino alla sessantaquattresima casella.
“Una cosa da nulla” proclamò il Faraone, stupito che la richiesta fosse così misera, e diede ordine al Gran Tesoriere di provvedere. Dopo oltre una settimana il funzionario, che ne frattempo aveva tentato di fare i conti, si presentò dicendo: “Maestà, per pagare l’ambasciatore non solo non è sufficiente il raccolto annuale dell’Egitto, non lo è neppure quello del mondo intero, e neppure i raccolti di dieci anni di tutto il mondo sono sufficienti”.
La storia non dice come rimase il Faraone a tale notizia, ma si suppone piuttosto male; se anche qualche lettore fosse incredulo, lo invitiamo a fare le operazioni. Con le moderne macchine calcolatrici potrà constatare, in breve tempo, che il funzionario aveva detto la pura verità.
Tratto da Natale Ramini, Come giocare e vincere a scacchi, De Vecchi Editore, Milano 1973.