a cura di Antonella Prudente
Chi è Pietro Condorelli?
Pietro Condorelli è un chitarrista jazz, compositore e docente. Ho dedicato la mia vita alla musica, esplorandone le infinite possibilità attraverso la chitarra e il jazz, ma non ho mai smesso di cercare ispirazione anche al di fuori di essa, come nelle arti marziali, lo Yoga, gli scacchi. Ho coltivato una profonda passione per questo gioco che considero un’arte ed una seria attività, la pratica agonistica poi , ti pone costantemente di fronte ai tuoi limiti ed ogni giorno ti ricorda quanti errori facciamo, costantemente durante la nostra esistenza.

Solo musica o ha sognato altro nella vita? Sempre solo jazz?
La musica è stata e rimane il mio fulcro, ma non è stata l’unica dimensione dei miei sogni. Gli scacchi, per esempio, sono stati un elemento importante del mio percorso. Ho sempre trovato affascinante come la disciplina richiesta negli scacchi si rispecchi nella concentrazione necessaria a suonare o a comporre musica. Quanto al jazz, pur essendo il cuore della mia attività, non è mai stato l’unico linguaggio musicale: ho esplorato e integrato vari stili, che inevitabilmente arricchiscono la mia espressione.
Tra i tanti colori della musica, il bianco dei righi musicali e il nero delle note di uno spartito, sono i colori che predominano, proprio come su una scacchiera. Qual è il suo preferito, se c’è?
Non ho un colore preferito tra il bianco e il nero, perché la loro alternanza è essenziale tanto nella musica quanto negli scacchi. Uno non esiste senza l’altro. È nella complementarità che trovo l’armonia: una sinergia che rende vivo sia il pentagramma sia la scacchiera.
Il jazz che colore ha, potendo scegliere tra il bianco e il nero?
Il jazz non si limita a un solo colore: è un prisma attraverso cui passano infinite tonalità. Se proprio dovessi scegliere, lo definirei un’oscillazione continua tra luce e ombra, come le improvvisazioni che spaziano tra tensione e risoluzione.
Native Language, il suo ultimo capolavoro. Il linguaggio degli scacchi? Come lo definirebbe?
“Native Language” è un’opera che riflette il mio rapporto intimo con il linguaggio musicale. Parlando degli scacchi, li definirei un linguaggio universale fatto di logica, intuizione e creatività. Come nella musica, ogni mossa racconta qualcosa: un’intenzione, un’emozione, un rischio calcolato.
Qual è il rapporto tra jazz e scacchi?
Il jazz e gli scacchi condividono molte similitudini. Entrambi richiedono una combinazione di tecnica, strategia e improvvisazione. Nel jazz, come negli scacchi, devi prevedere il futuro, ma allo stesso tempo essere pronto ad adattarti all’inaspettato. È un equilibrio tra controllo e libertà.
Quando gioca a scacchi e con chi preferisce giocare?
Gioco a scacchi quando sento il bisogno di stimolare la mente in modo diverso dalla musica. Non ho preferenze particolari sugli avversari: amo giocare con persone che condividono la mia stessa passione, indipendentemente dal livello.
C’è un suo avversario ideale?
L’avversario ideale è qualcuno che non si limita a cercare di vincere, ma che vive la partita come un dialogo, una sfida costruttiva. Qualcuno che mi stimoli a migliorare e a vedere il gioco da prospettive nuove. Nel mio Dvd “Jazz ideas & songs” (2017) una partita di scacchi, divisa in quattro fasi, è sufficientemente rappresentativa della mia filosofia in merito alla tua domanda: spesso la ricerca dell’equilibrio nella vita come nella posizione sulla scacchiera può condurre ad una serena condizione di pace interiore o di parità nel gioco.
Della sua musica spesso si dice che sia ‘schiettamente godibile’, una partita a scacchi come la definirebbe?
Una partita a scacchi può essere paragonata a una composizione musicale. Ci sono momenti di tensione, di sorpresa e, se giocata bene, un finale che lascia una sensazione di soddisfazione. Come nella musica, anche negli scacchi il viaggio è importante quanto la destinazione.
La prerogativa del jazz è l’ascolto, la prerogativa degli scacchi?
La prerogativa degli scacchi è l’osservazione. Guardare ogni mossa, analizzarne le implicazioni e costruire una visione d’insieme, proprio come nell’ascolto musicale si colgono le sfumature che legano ogni nota al contesto generale. Talvolta analizzare la stessa partita a distanza di tanti anni, ti dona nuove intuizioni, lo stesso capita ascoltando i grandi musicisti!
Ha mai scritto qualcosa pensando agli scacchi? Ad un pezzo della scacchiera? Da quale pezzo si lascerebbe ispirare oggi?
Non ho ancora scritto qualcosa ispirato direttamente agli scacchi, ma è un’idea che mi affascina. Se dovessi scegliere un pezzo da cui partire, sarebbe il cavallo: è un pezzo che si muove in modo unico, quasi fuori dagli schemi, un po’ come il jazz stesso, particolare curioso, nella copertina interna del CD Native Language un cavallo gigante degli scacchi è anche presente ….
C’è una domanda che non è stata mai fatta a Pietro Condorelli a cui vorrebbe rispondere?
Forse nessuno mi ha mai chiesto quale sia il filo conduttore tra le mie passioni, e risponderei che è la ricerca della bellezza e della profondità in ogni forma di espressione umana. Sia nella musica che negli scacchi, trovo un riflesso della complessità e della consistenza della vita.