a cura di Antonella Prudente

Chi è Adolivio Capece?

Buongiorno! Per prima cosa un saluto a tutti i Soci del club Irpinia Scacchi e grazie alla prof. Prudente per questa intervista. La prima domanda è impegnativa: posso dire di essere un appassionato del gioco degli scacchi sin da ragazzino, ma senza aver avuto mai velleità professionistiche, anche perché ho sempre anteposto il lavoro. Ho avuto la fortuna di fare una attività, il giornalista, che mi ha permesso di combinare le due cose. E soprattutto mi ha permesso di vedere gli scacchi non soltanto come puro gioco ma anche nel loro aspetto relazionato con storia, letteratura, arte, scienza.

La passione per gli scacchi è nata con Adolivio Capece? è stato un gioco di famiglia?

Io ho imparato a ‘muovere i pezzi’ verso i 7 anni, grazie ad uno zio, poi mi sono un po’ perfezionato leggendo e studiando “il libro completo” di Chicco e Porreca, all’epoca il solo testo in italiano, e a 13 anni ho fatto il mio primo torneo a tavolino. Erano i primi Anni Sessanta del secolo scorso e anche se oggi può apparire quasi incredibile, quando esordii nel festival di San Benedetto del Tronto, non solo ero il più giovane, ma i più giovani dopo di me avevano almeno 5 anni in più.

I suoi libri sono per lo più manuali tecnici di gioco, cosa significa ‘spiegare’ gli scacchi? Si può educare e lasciarsi educare alla passione per gli scacchi?

Tutto cambiò, come credo tutti sappiano, nel 1972 grazie al campionato del mondo tra Bobby Fischer e Boris Spassky. Fu una vera rivoluzione: gli scacchi, fino a quel momento gioco di nicchia e, oserei dire, per pochi intimi, ebbero diffusione mondiale. Per alcuni mesi tutti gli esseri umani giocarono a scacchi e in poco tempo la passione dilagò. All’epoca mi fu proposto di commentare il match con articoli giornalieri sul quotidiano La Stampa di Torino; la cosa principale fu che mi venne chiesto di non essere troppo tecnico  e quindi non solo di commentare le mosse ma anche di ‘raccontare’ gli scacchi. Fu allora che iniziai ad evidenziare la parte storica del gioco, a far conoscere i romanzieri che ne avevano parlato nei loro libri, a illustrare i quadri con scene scacchistiche,  a far scoprire i rapporti con la matematica. Insomma a ‘educare’ gli appassionati perché comprendessero che gli scacchi non sono solamente un insieme di mosse.

Certo la partita a scacchi è soprattutto uno scontro tra due cervelli, dove non conta tanto l’erudizione ma l’intelligenza pura: ho conosciuto illustri docenti universitari che venivano regolarmente battuti da persone che avevano a mala pena la terza elementare, ma che avevano ben chiari i concetti di strategia e tattica che sono essenziali nel nostro gioco. Così quando ho cominciato a scrivere libri sugli scacchi non mi sono limitato a scrivere manuali tecnici, ma ho cercato di spiegare che non basta imparare a memoria le mosse di una apertura o qualche combinazione celebre del centro partita, ma è essenziale capire che i pezzi in gioco sono un insieme armonico e che questo concetto deve essere alla base della strategia.

Per esempio uno dei miei insegnamenti base è che si deve cominciare a studiare dal finale, perché sulla scacchiera ci sono pochi pezzi ed è più facile coordinarli. Un finale base che in Italia pochi sanno giocare è per esempio il finale di Re, Cavallo e Alfiere contro Re solo. La teoria prevede che in condizioni normali servano ben una trentina di mosse per arrivare allo scacco matto: è un finale che richiede il massimo coordinamento tra i tre pezzi e averne la padronanza costituisce un aiuto essenziale per tutta la partita. Personalmente ho visto ragazzini stranieri giocarlo ‘lampo’ con grande sicurezza, mentre come ho detto in Italia anche qualche Maestro non sa dare il matto e incappa nella patta per la regola delle 50 mosse…

La relazione/rapporto uomo – donna sulla scacchiera?

Come ho accennato gli scacchi hanno interessato romanzieri e registi cinematografici. Pensiamo ai brani scacchistici di ‘Guerra e pace’ e anche al forse non molto noto ‘Alice attraverso lo specchio’ dove l’autore di ‘Alice nel paese delle meraviglie’ fa fare alla ragazzina la parte di un Pedone degli scacchi che attraversa la scacchiera, arriva a promozione, diventa Regina e poi dà scacco matto; pensate che all’inizio del romanzo c’è anche il diagramma con la posizione da cui parte la storia!

E tra i film credo che tutti conoscano ‘Il settimo sigillo’ oppure ‘2001 odissea nello spazio’. Pochi anni fa ha avuto grande successo la serie Netflix ‘Matto per la Regina’. Devo dire che non mi ha entusiasmato, per le imprecisioni tecniche nonostante la consulenza di Garry Kasparov. A cominciare dal fatto che la protagonista viene paragonata alla celebre campionessa del mondo Nona Gaprindashvili, dicendo che ‘non ha mai giocata contro gli uomini’. Cosa falsa, anzi Nona ha giocato spesso e spesso vinto contro gli uomini, basti ricordare che nel 1982 ha vinto qui in Italia il Torneo di Reggio Emilia! Poi ci sono diversi errori di traduzione dalla versione inglese a quella italiana (per esempio in un episodio si dice ‘Re in r 3’, errata traduzione di King Rook 3) ma questo è dovuto all’endemica abitudine di editori e produttori di non far controllare le traduzioni agli esperti. Comunque la serie è servita per far comprendere che molte donne giocano a scacchi e non sono affatto inferiori agli uomini.

Penso che la relazione uomo/donna sulla scacchiera sia stata ben sintetizzata proprio da Nona Gaprindashvli: “Le cause della superiorità scacchistica degli uomini sono molteplici: la principale è la grande diffusione che il gioco ha sempre avuto nell’ambiente maschile; logicamente più sono gli uomini che giocano, più numerosi sono quelli che diventano maestri. Le donne non hanno molto tempo per dedicarsi agli scacchi, a causa delle molte responsabilità della vita di tutti i giorni: famiglia, casa, figli. Per una donna raggiungere la parità in questo campo è pertanto difficile.”

Gli scacchi hanno nazionalità? Cosa ne pensa del nuovo campione Dommaraju Gukesh  Indiano, 18enne, baby fenomeno, è il più giovane campione del mondo di sempre della scacchiera, ma effettivamente il migliore?

Poco tempo fa il mondo degli scacchi ha laureato un nuovo campione del mondo, il diciottenne Gukesh: lo vedremo all’esordio come campione tra qualche giorno a Wijk aan Zee. Ha riportato dopo una decina di anni dai trionfi di Wishy Anand il titolo iridato in India; va ricordato che l’India è stata la culla degli scacchi qualche secolo dopo di Cristo, ma allora si giocava in 4 e il gioco era abbastanza diverso, anche se c’era già il Cavallo che poi ha ispirato letterati e scienziati per il suo particolare movimento. Gli scacchi a 2, è ormai storicamente accertato, nascono in Persia verso il 650 d.C. sotto il regno di re Cusroe; il re di Persia si chiamava ‘scià’ e da questo termine sono nati ‘scacco’ e ‘scacco matto’ (scià mat – il re è morto). Ma furono gli Arabi che poi diffusero gli scacchi anche e soprattutto in Europa, passando dalla Spagna e dalla Sicilia. Il gioco assorbì poi a tal punto uomini e donne da incorrere nella condanna della Chiesa: ci furono persino due Concilii appositamente dedicati a proibire gli scacchi e ci vollero quasi 600 anni perché la condanna venisse cancellata grazie a Santa Tersa d’Avila e a San Francesco di Sales. Fu un momento d’oro per gli italiani.

Un altro momento di grande diffusione si ebbe intorno al 1915 in Russia quando Lenin tra i vari Piani Quinquennali inserì anche quello di arrivare ad avere il campione del mondo di scacchi. L’importanza della politica! Direi quindi che gli scacchi non hanno ‘una’ nazionalità, ma sono veramente internazionali.

Concludo ricordando che poco tempo fa è uscita la nuova edizione del mio ‘Imparo gli scacchi’ (Mursia editore) che non è solo un manuale per principianti ma anche un testo per perfezionarsi, soprattutto per chi vuole cominciare ad affrontare la attività agonistica. E proprio sulla base della mia esperienza personale parte dallo studio del finale, amplia i concetti strategici del medio gioco e si limita da una rapida analisi delle aperture, proprio perché queste ultime possono essere studiate (o meglio imparate a memoria) con il computer.

PS – segnalo anche la mia rubrica sull’inserto ‘Enigmistica’ del quotidiano Il sole 24 ore; esce più o meno una volta al mese.