A cura di Antonella Prudente
Nome: Gerardo
Cognome: Iuliano
Professione: Medico
Gioco a scacchi: No
Presentazione: Medico – specialista in Neurologia e in Psichiatria; mi piacciono letteratura, musica, pittura.
Qual è il suo rapporto con gli scacchi?
Timore reverenziale: quando giocavo, perdevo sempre, e non riuscivo mai a ricordare tutte le regole.
Oggi non si parla più di gioco, bensì di sport. In qualità di esperto della medicina, quali sono gli effetti collaterali di questa nuova disciplina sportiva?
Lo sport è solo uno degli aspetti del gioco, con qualche problema in più, almeno oggi che, diventato professionistico, si allontana dalla dimensione ludica per diventare un lavoro, talora anche troppo competitivo e remunerato.
Nelle discipline sportive sentiamo troppo spesso parlare di “cattiveria”, dove in passato si parlava di agonismo, di “far male” invece di “avvantaggiarsi”, di “distruggere l’avversario” in luogo del semplice “vincere”.
Troppo spesso lo sport, soprattutto professionistico, mima la guerra invece di sostituirla. Troppo spesso viene solo guardato e non praticato; troppo spesso è solo uno “spettacolo”. Troppo spesso, assistere a un incontro sportivo non porta a socializzare, ma a scontrarsi.
Solo per questo mi piacerebbe che gli scacchi, come anche buona parte delle discipline sportive, riprendessero il loro carattere di “gioco”, finalizzato a liberare l’aggressività repressa e non ad aizzarla.
A chi consiglierebbe il gioco degli scacchi?
A tutti quelli che ci provano e lo trovano piacevole.
Quanto incide sulla crescita di un individuo un gioco/sport come quello degli scacchi?
Il gioco è uno dei maggiori fattori di strutturazione dell’identità personale, e di crescita e socializzazione dell’ individuo.
In particolare, gli scacchi, sia dal vivo, sia digitalizzati, rispetto ad altri giochi su scacchiera, attraverso la variabilità di movimenti tra i vari pezzi, risultano più vicini alla complessità del reale, e sono ripresi, non a caso, da giochi da tavolo, di ruolo e videogiochi più recenti.